Derive intorno alla presentazione di un libro
Gli studi e una personale disposizione mi hanno portato a essere molto attenta e attratta dall’estetica del libro, come ho accennato commentando alcune recenti letture come Noi siamo tempesta, Non chiamateli eroi e Horrorstör.
Soltanto leggendolo, ovvero prendendolo in mano, sfogliandolo, osservando l'impaginazione, soppesando lo spessore della carta, possiamo apprezzare o meno un libro.
La lettura è una pratica potente, un dispositivo magico che abbraccia anche la forma del libro oggetto e moltiplica i significati.
Non scopro oggi né ho la possibilità di approfondire compiutamente la fenomenologia e l’estetica della lettura, che hanno molto a che fare con le mie divagazioni e che, d’altra parte, sono indagate da voci ben più autorevoli e preparate.
Il mio ragionamento ha iniziato a prendere forma chiacchierando con Paolo Giuseppe Alessio, l’autore della Rabbia. Proprio Alessio mi faceva osservare il paradosso di «dire a voce un testo scritto», riflettendo anche la speranza di molti scrittori che il loro libro sia letto e quindi si racconti da sé.
Il testo scritto, però, è foriero dell’illusione dell’eternità: una volta scritta la parola è come fissata nel tempo, il racconto immutabile. In effetti, osservando le copie di un romanzo impilate le une sulle altre in libreria, abbiamo la certezza di trovare in ciascuna lo stesso testo.
Salvo che non si tratti di una variazione di Se una notte di inverno un viaggiatore.
Nelle mani də lettorə che lo legge, il libro si trasforma e l’esperienza di lettura diventa unica. L’interpretazione di un testo, infatti, è sempre soggettiva e sempre temporanea: soggettiva come verifichiamo ogni volta che, confrontandoci con unə amicə o leggendo una recensione, abbiamo l’impressione di avere letto un libro diverso; temporanea perché lo stato psicofisico e le conoscenze (mai date una volta per tutte) influenzano la ricezione di un testo e perché ciascuna lettura è di per sé irripetibile, dal momento che leggere più volte lo stesso libro permette di soffermarsi su aspetti diversi o cogliere nuove sfumature di senso, anche se non intese dall’autorə.
Seguendo il filo di questi ragionamenti, sorprendendomi di quante siano le occasioni in cui la lettura si presenta quale unicum, mi sono domandata quale senso avessero le mie recensioni. In altre parole, perché parlare e scrivere di libri? Perché analizzarli, se tanto altrз lettorз troveranno qualcosa di diverso nello stesso libro?
La risposta viene, in parte, dal ribaltamento dell’ultima osservazione perché l’unicità della lettura non preclude la possibilità di condividere un’opinione o il desiderio di confrontarsi. Quando scrivo e parlo dei libri che ho letto, arrivando talvolta a decostruirli in una violazione forse non sempre necessaria, sento innanzitutto di arricchire me stessa. Si innesca, inoltre, un circolo virtuoso in cui parlare di libri aumenta il mio desiderio di leggere.
Allo stesso modo, leggere e ascoltare le opinioni altrui mi è utile per scegliere una nuova lettura, se qualche riflessione o aspetto sottolineato dall’altrə lettorə mi colpisce, per scoprire un libro o per tornare a riflettere su uno letto in passato, ricordandolo o guardandolo in una nuova prospettiva.
Preparando la presentazione e rileggendo La rabbia, mi sono accorta che leggere, scrivere e parlare e parlare di un libro è paragonabile alla costruzione di un universo intorno al mondo del libro stesso.
E forse è questo il motivo per cui è difficile stancarsi di parlare dei libri che leggiamo.
A voi piace parlare e leggere di libri?
Cara Amaranth,
RispondiEliminacredo che tu abbia riassunto benissimo l'eserianza di leggere un libro. Il libro di per sé è certamente sempre uguale a sé stesso, in quanto le parole sulla carta non cambiano, ciò che varia è l'interpretazione del/della lettore/trice. Credo sia per questo che scrivere recensioni risulta quasi liberatorio, perché queste possono dare il via ad una discussione sulle diverse esperienze avute con quel libro. E ciò che si trae dalla lettura di un'opera è sicuramente legato alla propria esperienza personale, a quanto ci si rivede nel testo, a come certe cose ci colpiscono. Per questo è sempre interessante leggere anche recensioni negative o che esprimono un parere diverso dal nostro, perché ci fanno notare come la stessa storia possa avere un impatto completamente differente su un'altra persona e come quelle cose che non avevamo notato siano anch'esse parte della storia.
È poi vero che ogni lettura ha qualcosa di unico in sé ed è anche per questo che mi piace così tanto rileggere i libri e perché credo che sia davvero importante. In base alla fase della nostra vita in cui ci troviamo, all'umore, al luogo, ai pensieri che abbiamo in quel momento, trarremo dalla lettura qualcosa di diverso rispetto alla prima volta.
Un piccolo appunto poi sulla lettura ad alta voce. L'ho sempre ritenuta essenziale e quasi magica. Quando leggiamo per noi stessi a mente abbiamo un'esperienza personale con il libro, le nostre emozioni si riflettono solo su noi stessi. Ma quando leggiamo ad alta voce questa diventa un'esperienza comunitaria, non leggiamo più per noi stessi, ma per uno o più interlocutori e tentiamo di trasmettere loro ciò che la quella storia ha trasmesso a noi.
Credo di aver divagato un po', ma spero che il senso sia comprensibile.
P.S. Dopo ti scrivo per aggiornamenti vari e per G&P💙
Ciao, Martha ♥ Ti ringrazio per aver aggiunto la riflessione sulla lettura ad alta voce, con la sfumatura dell’azione rivolta a un noi e non soltanto a se stessi. Personalmente mi ero fermata al punto di rilevare come anche una lettura ad alta voce rifletta una diversa percezione del testo se fatta da persone diverse.
Eliminap.s. Le divagazioni sono sempre le benvenute! Grazie ♥♥♥