Recensione: “Adua” di Igiaba Scego

recensione adua igiaba scego

La tentazione, soprattutto dopo aver letto l’autobiografia di un autore, può essere tentare di rintracciare elementi autobiografici nei suoi romanzi. In Adua, è certo, si trovano molti elementi di La mia città è dove sono, la mappa di cui vi ho parlato la scorsa settimana. Uno su tutti, il Pulcino del Bernini.

copertina adua igiaba scego

Titolo: Adua
Autore: Igiaba Scego
Prima edizione: Giunti - 2 settembre 2015
Pagine: 192
Prezzo: cartaceo - € 13,00; ebook - € 4,99
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In piazza della Minerva, proprio dietro il Pantheon, un elefantino regge il peso di un obelisco egizio. È l’Africa, la connessione alle radici, e Adua è ai suoi piedi per potersi confessare: la sua unica amica è ormai lontana, partita per cercare fortuna in Somalia, e lei è rimasta sola.
Anche il suo Titanic, il giovane marito, che ha salvato dalla strada e dal veleno delle bottiglie, è andato. Cosa resta per lei a Roma? Cosa può trovare a Magalo? I mille anni che si sente addosso le riservano forse un’altra vita?

Adua è un romanzo sulla libertà, quella sognata e sofferta dalla protagonista e quella barattata e stentata da suo padre Zoppe. Alternando capitoli in prima e terza persona, Scego ricostruisce le radici di un rapporto conflittuale.
Adua, che porta il nome della famosa battaglia abissina, racconta la sua storia rievocando a poco a poco il suo passato a partire dal bivio che potrebbe ricondurla in Somalia, a Magalo, nella casa da cui è fuggita. Strappata alla sua prima vita, Adua si è nutrita dei sogni cinematografici e ha tentato di seguire il sogno, di liberarsi dall’oppressione di un padre sconosciuto.
In Italia, ha poi accolto un giovane immigrato, diventando moglie e anche un po’ madre. Nel complicato rapporto con il marito emerge un dolore rabbioso fatto di nomignoli crudeli: lei, la Vecchia Lira, e lui, il Titanic; la Lira ormai superata e il Titanic sopravvissuto al naufragio.
La storia di Zoppe, affidata al narratore esterno, segue una cronologia più ordinata. Durante la Seconda guerra mondiale diventa interprete, impara a sopravvivere in Italia e poi in Somalia.
Adua e Zoppe sono due volti della storia di un Paese sottomesso e distrutto da una liberazione di parole e non sostanza. Ho scoperto così, leggendo il romanzo di Scego, quanta e quale parte della storia italiana sia taciuta.
Scego si concentra sull’aspetto psicologico, sul trauma e sul dolore, e lascia fin dalle prime pagine presagire un punto di contatto tra le storie di Adua e Zoppe. Molto viene chiarito nel corso della lettura, ma entrambe le narrazioni rimangono sospese quasi non si potessero realmente incontrare.
Adua è un romanzo che va oltre la storia principale per raccontarne una più grande, che sento di dover approfondire. Sebbene sia convinta che molto potenziale sia rimasto inespresso, è per questa storia che ne consiglio la lettura: dovremmo riscoprire il passato colonialista dell’Italia, l’amministrazione fiduciaria della Somalia negli anni Cinquanta, quando cessava di essere una colonia, perché nulla è senza conseguenze.

Il mio voto

3 specchi e mezzo


Commenti

  1. La Scego è un'autrice che voglio assolutamente recuperare, il prima possibile *^*

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    1. Io vorrei tanto leggere altro di suo, uno su tutti La linea del colore che è piaciuto molto...

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