Quando il libro diventa film: Love, Simon

Recensione di Tuo, Simon (film)
locandina film Tuo, Simon

Una prima versione della recensione al romanzo iniziava con il sospiro: «Se solo non avessi visto il film…» perché è stato ciò che ho fatto appena ho chiuso il libro. La visione della trasposizione, che prende le distanze per diversi aspetti dal romanzo di Albertalli, infatti, ha acuito quel senso di insoddisfazione che mi aveva lasciato la lettura.
Ma credo sia opportuno procedere con ordine.
Non voglio proporre un confronto tra le due narrazioni basato sulla fedeltà all’originale letterario, anche perché basta avviare una veloce ricerca su google per avere l’imbarazzo della scelta. In ogni caso, asciugato dei particolari e dei personaggi secondari, la storia di Simon e Blue e del ricatto di Martin rimane la stessa.

Il film decide di riordinare gli elementi e prende avvio dal momento in cui uno studente della Creekside rivela la propria omosessualità sul Creek Secrets, una sorta di blog di gossip (e confessioni), firmandosi con lo pseudonimo “Blue”.
Simon rimane colpito dalle sensazioni descritte dal ragazzo e decide di contattarlo. Inizia così uno scambio nel quale i due ragazzi mantengono celata la propria identità, ma c’è sintonia tra loro: si conoscono sempre di più, scherzano, flirtano.
Simon vorrebbe incontrare Blue e non può evitare di chiedersi quale dei suoi compagni sia il ragazzo di cui aspetta ansiosamente la prossima mail.
Quando Martin scopre lo scambio segreto, però, capisce di avere tra le mani lo strumento giusto per costringere Simon ad aiutarlo ad avvicinarsi alla bella Abby. Simon, d’altra parte, è pronto a tutto per proteggere la sua relazione (o qualunque cosa sia) e Blue.

Che un film non possa essere un libro è tautologico e Love, Simon non riesce a dare la stessa caratterizzazione dei personaggi, sebbene il protagonista cinematografico si avvicini molto a quello letterario, probabilmente anche per merito di Nick Robinson.
C’è da dire che gli amici di Simon scompaiono un po’ nell’adattamento e perdono di importanza, per ritornare in auge solo in un secondo momento. In particolare, ho trovato quasi macchiettistico e inutile il ruolo scelto per Leah, la migliore amica di Simon.
Lo stesso Simon è vittima di una rappresentazione a tratti ridicolizzante. Mi riferisco soprattutto a due situazioni: la prima si verifica quando Simon cerca un look decente nell’armadio di Martin, mentre la seconda riguarda proprio il suo stesso guardaroba in seguito a un evento decisivo all’interno della storia (nda non specifico per evitare spoiler).
Al di là di queste osservazioni e dell’imbarazzante sequenza finale, Love, Simon offre un intrattenimento leggero e, a mio avviso, più critico del romanzo.
Non ho avuto l’impressione, per esempio, che i personaggi secondari fossero esenti da pregiudizi e totalmente buoni pur agendo secondo i valori moralmente più condivisibili. In generale, il film ha sottratto alla narrazione di Albertalli una buona dose di stucchevolezza, lasciando i personaggi liberi di reagire in maniera più spontanea.
Non di meno scivola sulla famosa citazione (è riportata persino sulla copertina dell’edizione che ha accompagnato l’uscita del film): «Tutti meritano una grande storia d’amore». Siamo d’accordo, forse. Sembra bella a primo impatto, ma alla lunga è troppo. Sgualcita ancora prima di essere inserita nel film, fa la fine delle frasi da cioccolatino. Non restano.

Amaranth

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