Mary Shelley. Una donna.

Approfondimento su Mary Shelley

Sala di lettura (condivisa). Approfondimento

dal film Mary Shelley. Un amore immortale

Quando Martha e io abbiamo deciso di arricchire di approfondimenti il nostro gruppo di lettura, ho voluto raccontare di Mary. Ero affascinata dalla donna che nella sua opera più famosa aveva rivelato una vena macabra, forse, ma ancora di più conoscenza delle scoperte e delle teorie scientifiche coeve e una consapevolezza politica che a molte sue contemporanee erano precluse.
Sì, Frankenstein non è soltanto estrema arroganza umana, non è soltanto tenebra e morte: riflessioni etiche e morali si accompagnano, infatti, a convinzioni politiche precise e non è un caso che siano espresse con lucida chiarezza da Elizabeth, la donna angelo del focolare.
Questo aspetto emerge proprio nei capitoli che abbiamo letto questa settimana e che io reputo tra i più significativi del romanzo, ma spetta a Martha il compito di parlarne. A me stessa ho riservato l’impresa di non annoiarvi, raccontando il lato forse meno noto della donna che amò Percy B. Shelley e diede vita a una delle creature più iconiche della letteratura gotica.

Mary Wollstonecraft lasciò alla figlia Mary un’eredità importante, fatta di valori e ideali per i quali battersi o, almeno, dei quali nutrire la propria esistenza. Wollstonecraft, autodidatta e femminista antesignana, fu autrice di testi politici agguerriti che la posero in contrasto con scrittori e intellettuali di spicco. Era il 1790 e Wollstonecraft pubblicò A Vindication of the Rights of Men, cui seguì A Vindication of the Rights of Woman, nei quali rivendicava l’influenza dell’educazione su quella che veniva comunemente considerata l’indole propria di ciascun sesso.
Le opere di Wollstonecraft meriterebbero un approfondimento a sé, ma non possono essere ignorate per il ruolo svolto nella formazione di Mary Shelley. Cresciuta senza la presenza della madre, che morì per la febbre puerperale, Mary si ispirò tenacemente ai suoi insegnamenti.
Donna amata e probabilmente invidiata, la madre mai conosciuta è una figura che torna nella scrittura di Mary. In Mathilda è, forse, ancora più evidente, dal momento che la protagonista stessa è orfana di madre come la sua autrice. La morte, la creazione, la nascita sono i temi che ossessionano Shelley e che hanno radici nella sua stessa, travagliata esistenza.

I diritti delle donne furono cari a Mary Shelley, come lo erano stati per sua madre, e lottò in loro nome, pur sottraendosi a dichiarazioni ideologiche. Aiutò due amiche omosessuali a lasciare Londra e a trovare rifugio a Parigi.

Sebbene si iscriva nel filone della letteratura gotica, ma Frankenstein custodisce i germi della fantascienza. In esso, infatti, compare uno dei cliché del genere: lo scienziato pazzo.
E che dire di Valerius: The Reanimated Roman, in cui un antico romano si risveglia nella Roma contemporanea all’autrice?
Ancora più interessante potrà sembrare L’ultimo uomo, un romanzo apocalittico che, ambientato in Italia, racconta il viaggio di uno degli ultimi esseri rimasti sulla Terra in seguito a un’epidemia di peste. Inoltre, l’ultimo sopravvissuto non è uomo né donna: è androgino. Shelley si apre così a un discorso gender, sovversivo per l’epoca.
L’Italia, che ispirò molte dei sublimi panorami descritti nelle sue opere, è sfondo anche di una delle opere più complesse di Mary Shelley: Valperga. In esso l’autrice sembra voler suggerire che se le donne avessero il potere di scrivere la storia, essa avrebbe un volto più mite e le guerre si trasformerebbero in amicizia tra i popoli. Forse un punto di vista ingenuo, che pure risulta difficile da criticare, ma senza dubbio moderno: Shelley parla di un tema tabù per le donne, la politica.
Pochi, forse, sanno che Mary fu amica di Giuseppe Mazzini e, durante gli anni vissuti in Italia, si impegnò a sostenere il risorgimento italiano. Non solo, proprio al fallimento dei moti rivoluzionari contro l’Austria Shelley ispirò il suo A tale of the Passions (Una storia di Passioni) e a Londra fu molto vicina agli esuli italiani che cercavano di riorganizzarsi per la liberazione dell’Italia.

Una leggenda vuole che Mary abbia conservato il cuore del marito, morto a largo di Viareggio, per tutta la sua vita. Il cuore del poeta, infatti, sarebbe stato risparmiato dalle fiamme della pira funebre eretta in suo onore.
In realtà, è molto più probabile che il cuore sia stato arso dalle fiamme e ridotto a una massa compatta di cenere. Questo è ciò che Trelawny, bruciandosi le mani, deve aver estratto e consegnato alla giovane vedova che poté custodire il cuore dell’amato in un sacchetto di plastica tra le pagine di un libro.
È un dettaglio romantico che restituisce l’idea di un amore totalizzante e, in effetti, Mary amò Percy. Con lui fuggì dalla casa paterna ancora sedicenne e accettò di diventarne amante, giacché il poeta era sposato, in nome dell’amore libero nei quali entrambi credevano strenuamente.
D’altra parte, una delle sorellastre di Mary era stata concepita dalla madre in una relazione extraconiugale e ciononostante William Godwin l’aveva accolta come una figlia e aveva espresso ammirazione per la scelta di amare liberamente. Nondimeno osteggiò la relazione tra Mary e Percy, apparentemente rinnegando i propri valori e inferendo una ferita nell’animo della figlia.
Il dolore di aver perso e mai conosciuto una madre, di essere odiata dalla matrigna e allontanata dalla sua stessa famiglia, si mescolò alle perdite dei figli e al sospetto di essere tradita da Percy.
Shelley non si separò mai dalla prima moglie e solo quando ella morì, si sposò con Mary. Tuttavia, visse con lei e a lungo con la sorella di quest’ultima, Clare. Mary arrivò a temere che tra i due fosse nata una relazione. Non era questo l’amore libero in cui credeva e dalla vita con Shelley Mary raccolse altro dolore, risentimento e ingiustizie. Se la felicità non mancò a questa coppia, gli stenti la soffocò: entrambi lottavano con i propri demoni.

Sopravvivo. Continuo a scrivere.
Porto le cicatrici dei miei anni con Shelley,
ma egli credeva in me.
Mi ha ispirato a creare.
E mi ha dato la forza.

in Lita Judge, “Mary e il Mostro”

Ci ritroviamo martedì 4 per la prossima tappa: qui commenteremo i capitoli dal 13 al 18 compreso, mentre su Bookdust Sparkle troveremo un altro interessante approfondimento.

Conoscevate questi aspetti della vita di Mary Shelley?
Avete letto biografie o visto film sull’autrice che vorreste consigliarci?

Fonti
Lita Judge, Mary e il Mostro, il castoro, 2018
Nadia Fusini, Mary Shelley, il dolore, in Nomi. Dieci scritture femminili, Donzelli Editore Roma, 1996
Mary Shelley. Travelogue. Destinazione Italia, TV. Rai Storia (disponibile su raiplay.it)

Amaranth

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