Recensione: “Il mare non aspetta. Viaggio emotivo in Norvegia” di Valentina Fortichiari

Foto di Susanne Stöckli da Pixabay.

Ho iniziato la lettura in metro e l’ho proseguita durante il vagabondaggio mattutino che mi concedo nei giorni migliori. Leggere camminando è un’arte che ho affinato negli anni ed è difficile che l’ingombro di un libro sia di ostacolo, ma è stato piacevole tenere in mano questo Oligo così compatto da stare comodo anche in una tasca un po’ grande.

Titolo: Il mare non aspetta. Viaggio emotivo in Norvegia
Autorə: Valentina Fortichiari
Prima edizione: Oligo Editore - 10 maggio 2024
Pagine: 112
Prezzo: cartaceo - € 13,00

Con la protagonista, con l’autorǝ condivido l’amore per il mare. Senza questo elemento non mi sarei soffermata sulla proposta di lettura, ma la mia attenzione è stata catturata dalla prima frase del romanzo.

Sono nata tre anni prima di venire al mondo.

So che nella tua mente si sono già affacciati almeno un paio di scenari possibili e io non ho alcuna intenzione di anticiparti altri dettagli di questo incipit tanto intrigante.
Ti consiglio, invece, di lasciare in disparte la prefazione, che anticipa troppo e che ho trovato in prima battuta pretenziosa per un romanzo contemporaneo. Ora sono in grado di riconoscerne il valore di utile guida ai riferimenti autobiografi e all’interpretazione; nondimeno, poiché anticipa molto delle pagine che seguono, sono convinta che sia un testo più adatto a un risvolto o a una postfazione.

Il mare non aspetta è il dispiegamento del rapporto tra Arya, la protagonista e voce narrante, e il padre, ormai anziano e malato. È anche la storia dell’inspiegabile abbandono da parte della madre. L’evento, che lascia un trauma irrisolto e moltiplicato dal trasferimento della migliore amica di Arya anni dopo, rende ancora più importante il legame tra padre e figlia.
Nel racconto di Arya la madre diventa una figura eterea, irraggiungibile e inspiegabile.
Nella breve foliazione si condensano molti aspetti della vita della protagonista, ma nel complesso e senza che costituisca un difetto, Il mare non aspetta è un romanzo senza trama.
I pensieri e i ricordi di Arya si rincorrono, apparentemente disordinati, per delineare la sua vita e la sua persona, tra passato e presente: una bambina con la passione per il nuoto e una donna ancora innamorata del mare e affezionata al padre.
La centralità rivestita dal mare, non a caso presente anche nel titolo, invita a riflettere sull’ambientazione del romanzo: non solo genericamente sulla Norvegia, seppure delineata con ampie e suggestive pennellate da Fortichiari, ma sugli scenari principali.
Esclusa la casa natìa, l’appartamento dove Arya ancora vive e che, d’altra parte, occupa uno spazio limitato e non vissuto, i luoghi del romanzo sono tre: la casa del padre, la casa editrice e il mare.
Il padre vive su una delle isole Lofoten, in una casa che lo rispecchia negli interessi e nelle abitudini e dove la protagonista assapora la stessa serenità che avrebbe tra le braccia paterne.
In questa prospettiva la casa paterna acquista un valore maggiore e più significativo di quella di famiglia.
Il rapporto tra Arya e il padre, però, si dispiega in mare, quando nuotano insieme o osservano le bracciate e i talloni l’unǝ dell’altrǝ.

Nuotare insieme è come dargli il braccio in una lunga camminata, solo che in acqua non abbiamo peso,
fluttiamo e tutto è più facile, leggero, inconsistente.

I pensieri non restano a riva come afferma la protagonista. Come i corpi dei nuotatori, diventano invece più leggeri e facili e li abbracciano svolgendosi bracciata dopo bracciata.
Al mare rimanda anche l’ufficio di Arya che, non a caso, è stato ribattezzato “la prua della nave”. Nella casa editrice il rapporto che viene raccontato è quello con l’editore Magnus Spangrud, mentore e figura importantissima nel tracciare i binari professionali della protagonista.
Confesso che mi soffermo volentieri sulla casa editrice perché, amando le riflessioni su scrittura ed editoria, mi è difficile non apprezzare aneddoti e riferimenti.

«Mi limito a lavorare sulle parole, sulla scrittura di altri, papà. È come forgiare metalli,
dare forma a qualcosa che a volte ha bisogno di un’armonia che non c’è. E che io intravedo.
So come aiutare gli altri a mettere ordine nei pensieri, a volte nei personaggi.
Come dare un’ombra di trucco a un pallore che ha bisogno di luce e di colore.
Ho fatto qualcosa di buono anche nelle traduzioni. È come scrivere, sai?
O meglio, è una forma di scrittura, una riscrittura che parte dalla creazione di altri, ci entra in punta di piedi,
la assimila, nella cadenza, nella trama, nelle suggestioni, in ogni vibrazione, e la riformula in una lingua differente».

Come accennato, Il mare non aspetta non contempla lo svolgersi di una vicenda o a risoluzione psicologica di personaggi. Sono le pagine di una vita, il racconto di un rapporto personale.
Il mare non aspetta si legge con facilità: non perché breve, ma perché capace di tenere l’attenzione.
Se non è detto che una lettura debba lasciare qualcosa per essere piacevole, forse questa non lo ha fatto con me o più semplicemente è ancora troppo presto per riconoscerlo. Tuttavia, mi ha sorpreso la scrittura di Fortechiari, priva di barocchismi, ma ugualmente suggestiva e appassionata.

Il mio voto

4 specchi


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