Guerra e pace – Il destino e il senso della vita

Una ruota si muove lentamente, un’altra comincia a girare, poi una terza, e gli ingranaggi, le pulegge, i pignoni si mettono a ruotare sempre più velocemente, il carillon inizia a suonare, le figure cominciano a balzare fuori, e le lancette avanzano regolari, mostrando il risultato del movimento.
Come nel meccanismo di un orologio, così anche in quello della guerra il movimento, una volta impresso, è altrettanto inarrestabile fino al risultato finale, e altrettanto inerti e immobili, un attimo prima della trasmissione del movimento, sono le parti del meccanismo che non sono ancora state coinvolte.

Nuova tappa di commento a Guerra e pace. Come avrete intuito, oggi mi occuperò di un approfondimento ma prima vorrei brevemente fare due considerazioni sul proseguimento della lettura.
Dopo un inizio fulminante, complice un paio di viaggi in treno, ho dovuto rallentare e così mi sono arenata per un po’ sulle riflessioni metafisiche che percorrono buona parte del Secondo Libro, per il commento del quale vi rimando a Martha e al suo post che vi consiglio di leggere prima del mio.
Nondimeno, si tratta di parti che contribuiscono alla definizione della vita così come ciascun personaggio la concepisce o giunge a concepirla per l’inevitabile influenza del destino, una forza la cui azione si percepisce già nel Primo Libro.

Era evidente che ciò che era iniziato così alla leggera non poteva più essere scongiurato,
che procedeva da sé, ormai indipendentemente dalla volontà delle persone, e doveva compiersi.

Pierre è il personaggio che più sente che ogni azione è prestabilita, quasi non gli appartenesse e fosse propria di una volontà a cui sarebbe inutile opporsi. Si adagia, dunque, nel fluire degli eventi accogliendo e accettando ciò che la vita gli propone. È così che diviene il conte Bezuchov, sposa la bella Hélène, nel corso del Secondo Libro, sfida a duello Dolochov e diventa massone.
L’adesione alla massoneria, però, appare in qualche modo più voluta e partecipata da Pierre che vi si immerge totalmente. D’altra parte, come gli altri eventi della sua vita, anche questo sembra destinato a mutare aspetto: la gioia e la serenità che gli derivano sono contaminate dalla sua cecità e minacciate da sentimenti ombrosi e inespressi.

Il lungo paragrafo con cui ho scelto di introdurre il tema rispecchia la modalità con cui agisce il destino: una volta che si è messo in moto diventa inarrestabile e per l’uomo non c’è altro da fare se non accoglierlo. Nel saggio dedicato proprio a Guerra e Pace, Pietro Citati fa notare come per Tolstoj la passività di Pierre non sia negativa e, al contrario, diventi una capacità adattiva che gli permette di raggiungere momenti di pura gioia e grazia divina e gli dà accesso alla pienezza della vita.

All’atteggiamento di Pierre si oppone quello del principe Andrej che è risoluto anche nel dolore. Rispetto a Pierre, appare più tagliente e meno riflessivo, ma pronto a cogliere l’ispirazione per rinnovare se stesso. Che sia il risultato del medesimo e incessante meccanismo che porta Pierre a seguire la corrente diventa secondario: il principe Andrej è azione e per questo motivo in lui la trasformazione è un lampo.
È curioso, forse, che sia proprio Pierre a portare la novità, dopo la delusione di Austerlitz e la perdita della moglie Lisa.

[…] guardò il cielo che Pierre gli aveva indicato, e per la prima volta dopo Austerlitz vide quel cielo alto,
eterno, che aveva visto quando giaceva sul campo di battaglia, e qualcosa di sopito da tempo, la parte
migliore di lui, a un tratto si risvegliò gioiosa e giovane nella sua anima.

L’incontro con Pierre è l’inizio di una nuova vita. Ho trovato interessante come, proprio Andrej, il quale tanto si era opposto ai racconti visionari dell’amico, riesca a realizzare un miglioramento delle condizioni di vita dei contadini di Bogučarovo.
Prima della battaglia di Austerlitz, il principe Bolkonskij si era convinto di poter tenere nelle sue mani il destino di tutta l’armata russa: «Vado per salvare l’esercito» pensa quando spiega al diplomatico russo Bilibin perché debba tornare sul campo di battaglia.
I fatti dimostreranno quanto poco rilevante sia stato il suo precipitarsi a Grunt ed egli giunge a comprendere di essersi illuso. A questo proposito, Martha mi ha fatto notare che Andrej si illude di poter essere un “servitore” del destino.
Allo stesso modo, nominato membro del comitato per il codice militare, Andrej immagina che il futuro, il destino sia nelle mani di pochi e che lui stesso, agendo, possa influenzarlo.

[…] il principe Andrej osservava tutti i movimenti di Speranskij, quell’uomo che fino a poco prima era un insignificante seminarista e che ora nelle sue mani – quelle mani bianche e paffute – aveva il destino della Russia […]

Non stupisce che Andrej, nel suo vivere di azione, pensi che Speranskij sia l’uomo che lui stesso avrebbe tanto voluto essere. L’ammirazione che Andrej aveva provato per Napoleone, l’uomo del destino, si è ora spostata su un altro personaggio che si muove nella Storia e che lui stesso vorrebbe eguagliare.
Le mani di ogni uomo, però, non sono altro che strumenti attraverso cui agisce il destino così come è inteso da Tolstoj. Ancora una volta, è stata Martha a suggerirmi di prestare attenzione al ruolo giocato dalle mani di Dolochov.
Respinto da Sonja, Dolochov invita Nikolaj all’Albergo inglese, dove giocano a carte. Manipolando abilmente le carte, Dolochov fa perdere a Rostov una somma di denaro tanto considerevole da condurre la famiglia alla rovina economica.
Come sul campo di battaglia, Nikolaj si rende conto di quanto stia davvero perdendo: la vita di famiglia […] gli si presentò con la forza, la chiarezza e il fascino di una felicità passata da tempo, perduta e non abbastanza apprezzata. E tuttavia, è dominato dall’incredulità: Non poteva ammettere che uno sciocco caso, facendo uscire il sette prima a destra che a sinistra, potesse privarlo di tutta quella felicità.
Il caso fa girare le carte e attraverso le mani di Dolochov cambia il destino di Nikolaj e dei Rostov.

Oh, come le odiava Rostov, in quel momento,
quelle mani rossastre dalle dita corte,
con i peli sporgenti dai polsini, che lo tenevano in loro potere…

Riprendendo una metafora che il vecchio principe Bolkonskij espone nel Primo Libro, in Guerra e Pace la vita si rivela essere un palcoscenico in cui gli uomini, fingendo di fare sul serio, vengono mossi da un abile burattinaio, il destino.

Non è disgiunto dalla concezione del destino e dal suo manifestarsi, il senso della vita da leggersi sia come direzione sia come valore che ciascun personaggio dà all’esistenza.
Mentre nel Primo Libro la paura della morte spinge il principe Andrej e Nikolaj Rostov a cambiare la propria prospettiva sulla vita, nel Secondo Libro un’epifania simile avviene in Pierre dopo il duello.

«Chi ha ragione, chi ha torto? Nessuno. Ma sei vivo, e allora vivi:
domani morrai, come potevo morire un’ora fa. E vale la pena di tormentarti,
quando ti resta da vivere un solo secondo, in confronto all’eternità?».

Questa riflessione è una premessa importante alla rivelazione che egli sta per ricevere: l’essere umano non ha alcuna possibilità o diritto di definire ciò che è giusto perché è insignificante di fronte all’essere universale. La conversione a opera della massoneria porta in lui un nuovo scopo: «E solo adesso che vivo, o almeno cerco,» Pierre si corresse per modestia, «di vivere per gli altri, solo adesso ho capito tutta la felicità della vita». Poco conta che l’attuazione sia imperfetta.
Una simile visione della vita è condivisa dalla principessa Mar’ja che si impegna a dare accoglienza e sostentamento ai pellegrini, sognando di abbandonare la casa paterna e il padre per diventare ella stessa una pellegrina, pregando sia per quelli che ti scacciano, sia per quelli che ti proteggono.
Tolstoj, però, non risolve la complessità umana nelle due figure-specchio di Pierre e Mar’ja e in ogni caso, rende conto di continui ripensamenti da parte di tutti i personaggi, in particolare del principe Andrej e di Rostov. Leggendo il romanzo o ripercorrendo gli eventi principali del Secondo Libro nel commento di Martha (Bookdust Sparkle), vi sarà sembrato evidente che tutti i personaggi principali siano impegnati nella realizzazione del proprio destino attraverso la comprensione del senso da dare alla propria vita.
È questa, forse, una libertà che solo gli aristocratici possono sentire di avere e, d’altra parte, Andrej e Pierre si ritrovano a discutere animatamente sul senso che potrebbe avere la vita di un contadino libero.

Non potendo esaurire l’argomento, mi congedo ricordandovi che stiamo iniziando a leggere il Terzo Libro di Guerra e Pace: l’approfondimento, che potrete leggere l’8 novembre su Bookdust Sparkle, riguarderà la Storia.

Le citazioni sono tratte dall’edizione Supercoralli Einaudi.
Se volete informazioni sul gruppo di lettura, vi rimando al post introduttivo.

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