Recensione: “La canzone di Achille” di Madeline Miller

Sono quasi due anni che Angharad mi ha prestato The song of Achilles. Sì, non credo di sbagliarmi: in fondo, era uno di quei romanzi che mi ero convinta a leggere durante il primo lockdown. Poi vabbè, mi sono fatta prendere da altro.
Ne parlavano già tanti prima, ma dopo la traduzione in italiano ho avuto l’impressione che non si sia mai smesso di parlare di questo libro e in toni per lo più entusiasti. Quindi, era una questione di tempo (e di pressioni che Ang è sempre cauta nel fare). La fortuna è stata imbattermi nel gruppo di lettura organizzato da Valeria (This Lady of the Books) su Instagram (@_aplaceforustoread): il confronto con altri lettori è sempre stimolante ed è stata un’esperienza assolutamente positiva.
Ok, direi che ho tergiversato abbastanza e vi ho fatto sapere anche che ho letto il romanzo in lingua originale: posso passare alla recensione.

copertina canzone achille miller

Titolo: La canzone di Achille
Titolo originale: The song of Achilles
Autorə: Madeline Miller
Traduttorз: Matteo Curtoni, Maura Parolini
Prima edizione italiana: Sonzogno - 24 aprile 2013
Prima edizione: Bloomsbury - 20 settembre 2011
Pagine: 382
Prezzo: ebook - € 7,99; cartaceo - € 11,00
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Nell’Antica Grecia, gli aedi cantavano le gesta degli eroi e la loro voce li rendeva immortali. Miller ha voluto dare una voce a un personaggio minore dell’epica omerica, di cui non si serba memoria se non in funzione di Achille, l’eroe per eccellenza. Il canto di Patroclo, però, non poteva che essere La canzone di Achille: i passi di Achille sono quelli che seguiamo pagina dopo pagina, ma è Patroclo che conosciamo più a fondo, condividendone i pensieri e le emozioni.
Patroclo non è mai riuscito a essere all’altezza delle aspettative del padre. L’insoddisfazione paterna per quel figlio gracile, che non riesce a distinguersi e portargli gloria, lo espone alle angherie degli altri giovani aristocratici. Quando Clitonimo tenta di sottrargli i dadi, Patroclo lo allontana ma la sua reazione è abbastanza forte (o imprevista) che il ragazzo si sbilancia, cade a terra urtando un masso e muore.

… sarei andato in esilio e sarei stato cresciuto in un altro regno.
In cambio del mio peso in oro, laggiù sarei diventato un uomo.
Non avrei avuto genitori né il nome della mia famiglia né alcuna eredità.
Ai nostri tempi, la morte era un destino preferibile. Ma mio padre era un uomo pragmatico.
Il mio peso in oro sarebbe stato meno dispendioso del mio funerale.

Diventa uno dei rampolli caduti in disgrazia accolti da Peleo, sovrano di Ftia e padre di Achille. Uno dei tanti, finché Achille lo sceglie come compagno d’armi.
Crescendo fianco a fianco, diventano inseparabile e quando Achille deve lasciare la reggia per completare la sua preparazione sotto la guida di Chirone, Patroclo lo segue.
E sarà al suo fianco anche dopo, durante la guerra cantata dall’Iliade.

Forse è inappropriato, davanti alla molteplicità delle tradizioni, parlare di fedeltà al mito e all’epica, ma è fuor di dubbio che Miller riesca a rendere plausibile ogni aspetto della sua narrazione: i sentimenti, le reazioni si incastrano alla perfezione negli episodi ben noti, aggiungendo dimensione tanto a Patroclo quanto all’oggetto della sua narrazione, Achille.

La presenza di Achille era come un sassolino nella scarpa, impossibile da ignorare.

Nel mondo evocato da Miller gli dèi intervengono raramente per afferrare per i capelli e fermare lame, ma la loro presenza, le loro profezie e le loro antipatie hanno un peso non indifferente nella vita dei protagonisti: su quella di Achille, per il quale la madre Teti sogna un’ascesa all’Olimpo, e per riflesso su quella di Patroclo, che sa di non poter vivere privato del suo amato.
Miller gestisce bene le molteplici fonti che riguardano Achille e ə lettorə sa bene cosa aspettarsi: la strada percorsa è già stata segnata. Per questo motivo, ho spesso cercato di temporeggiare e di gestire i tempi di una lettura che lo stile semplice rende scorrevole.
Miller è molto abile a manipolare una materia, quella della mitologia e dell’epica greca, che conosce bene e riesce a sorprendere e suscitare emozioni anche molto forti. È chiaro che ho apprezzato particolarmente la rivisitazione proposta dall’autorə perché, appunto, si discosta dalle fonti soltanto per dare spazio a Patroclo e caratterizzare in senso umano e divino gli altri personaggi.
Insieme a questa dimensione, ho trovato notevole anche l’attenzione per i valori degli Achei soprattutto nella seconda parte del romanzo, quando l’azione si svolge ormai a Troia. D’altra parte, è il tempo degli eroi e la guerra ha raccolto i migliori tra i Greci: la rivalità, il desiderio di primeggiare non possono restare assopiti nell’accampamento acheo.
La stessa guerra di Troia è ufficialmente la guerra dell’onore che deve essere ristabilito. Nondimeno (ed è un’altra nota rilevante) Miller mette in chiaro che il riscatto dell’onore di Menelao, la spedizione di salvataggio della povera Elena sono soltanto un pretesto.
Il punto di vista di Patroclo consente all’autorə di mettere in discussione la realtà della guerra, ricordandoci che inevitabilmente si macchia di sangue innocente.

Una volta Chirone ci aveva detto che le nazioni sono la più sciocca invenzione dei mortali.
«Non c’è uomo che valga più di un altro, e non importa da dove proviene».
«Ma se quell’uomo fosse mio amico?» aveva chiesto Achille,
i piedi appoggiati contro la parete della caverna.
«O mio fratello? Dovrei trattarlo come uno sconosciuto?»
«La tua è una domanda su cui s’interrogano i filosofi» aveva detto Chirone.
«Vale di più per te, forse. Ma lo sconosciuto è l’amico o il fratello di qualcun altro.
Quindi, quale vita è più importante?»

La sensibilità di Patroclo e le sue convinzioni, infatti, lo rendono diverso dagli eroi achei: egli è un giusto. Gran parte delle sue virtù è costruita per contrasto con gli altri personaggi: sembrerebbe che Miller non riesca a superare i limiti della narrazione in prima persona e si mostra carente proprio nella caratterizzazione.
Se Patroclo è il buono, il virtuoso e Achille lo segue a ruota, un po’ per indole e un po’ per l’influenza dell’amato, gli altri eroi ne sono il negativo: Odisseo è privo di scrupoli e calcolatore, Agamennone è arrogante (e si sapeva), pieno di sé e crudele. Non pervengono gli altri: rimangono sullo sfondo, ad arricchire il pantheon delle personalità in vista.
Diverso è il discorso per altri personaggi, come Teti, Chirone e Briseide che sono secondari rispetto alla narrazione, ma importanti nella vita di Patroclo.
Lo sbilanciamento nella resa dei personaggi investe anche il ritmo narrativo: la prima parte del romanzo è ricca e intesa, mentre la tensione della seconda si sgonfia nel vuoto degli eventi.
Nonostante il mio entusiasmo sia calato nel corso della lettura e il romanticismo sia stato un po’ sciupato dalla parte finale, La canzone di Achille rimane un retelling esemplare per il rispetto del canone epico e sono convinta che abbia le carte in regola per incentivare l’interesse verso la letteratura classica.

Achille è la metà della mia anima, come cantano i poeti.
Presto morirà, e non resterà altro che il suo onore. L’onore è suo figlio, la sua parte più amata.
Dovrei rimproverarlo per questo?
Ho salvato Briseide. Non posso salvare tutti.

Il mio voto

3 specchi e mezzo


Commenti

  1. Bella la tua recensione.
    Questo libro mi ha emozionato tanto e l'ho divorato. Mi è piaciuta la caratterizzazione dei personaggi, cosa che ho apprezzato anche in Circe.
    Spero che la scrittrice scriva presto un'altra storia <3
    Buone letture!

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    1. Grazie, cara! ♥
      Spero di riuscire a leggere presto anche Circe: ho un debole per i retelling mitologici, soprattutto per quelli ben riusciti! ;)

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  2. Ciao Amaranth!💙
    eccomi qui a lasciare un commento. Avevo detto che l'avrei fatto, ci ho solo impiegato un po' più del previsto.
    Sono davvero felice che tu abbia letto questo libro, io l'ho apprezzato moltissimo.
    Condivido con te il fatto che la secondo parte, nel mio caso dalla Guerra di Troia, sia più debole rispetto a quella iniziale e che quindi anche il livello di gradimento tenda a calare.
    Non ho invece notato la tua interpretazione della caratterizzazione dei personaggi, che però trovo molto interessante. Sarà che non ci ho fatto caso o che mi sono concentrata su altro.
    Infine ciò che rende davvero speciali i libri della Miller è sicuramente il fatto di avvicinare i personaggi al lettore, di toglierli dal loro piedistallo di gloria ed eroismo, che li rende intoccabili e distanti.
    Anch'io l'ho recensito l'anno scorso, se ti va di saperne di più su cosa ne penso😉
    Ad ogni modo non vedo l'ora di sapere cosa pubblicherà quest'autrice in seguito! Due libri sono troppo poco, voglio rivivere quelle emozioni😍

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    Risposte
    1. Ciao, Martha! ♥
      Rendiamoci conto di quanto tempo ti ho lasciata senza risposta. Perdonami!
      Nei prossimi giorni dovrei farmi un giro sul tuo blog e su altri (speriamo) e così leggerò la tua recensione.
      Io dovrei leggere Circe... Ce la farò!

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