Recensione: “Le città di carta” di Dominique Fortier

Come sempre sono provvidenziali le amiche: prima di chiacchierare con loro, mi chiedevo come avrei fatto a descrivere questo libro che di essere definito non ne vuole sapere. Ho scoperto, parlandone con le mie Belle, che tutto sommato ne avevo carpito l’idea o un’idea. Forse Fortier aveva altro in mente per le città di carta in cui conduce il lettore, solo che il lettore è un ribelle e ne immagina sempre una nuova e diversa.

Ringrazio la casa editrice per avermi permesso di immaginare la mia.

definizione viola città di carta dominique fortier

Nei libri ci sono tutti i paesi del mondo, le stelle del cielo,
i fiori, gli alberi, gli uccelli, i ragni e i funghi.

Le città di carta, le spiega suo fratello Austin, sono come una firma, un’assicurazione contro i furti. Le città di carta non esistono e allo stesso tempo esistono in quanto creazione. Attraverso un piccolo episodio dell’infanzia di Emily, inventato o meno non ha importanza, Fortier fornisce al lettore una chiave. Può essere la chiave per capire la strana vita di Emily Dickinson, apparentemente sempre più appartata dal mondo, e per leggere questo strano libro.

copertina le città di carta emily dickinson dominique fortier

Titolo: Le città di carta
Titolo originale: Les villes de papier
Autore: Dominique Fortier
Traduttore: Camilla Diez
Prima edizione italiana: Alter Ego - 21 settembre 2020
Prima edizione: Alto - 21 agosto 2018
Pagine: 192
Prezzo: cartaceo - € 16,00
Link d'acquisto

Accanto a lei, tra le pagine sottili della Bibbia,
si accumulano tutte le altre città passate e presenti, reali e inventate:
Gerusalemme, Betlemme, Saba, Cana, Sodoma e Gomorra, Cafarnao, Gerico, Babilonia.

In Le città di carta Fortier tratteggia con pennellate leggere la vita di Emily Dickinson, racconta la casa, il collegio, la stanza e il giardino dove la poetessa ha vissuto. Ma confessa di non essersi convinta, mentre scrive, a visitare la casa museo e il giardino di Emily: ha paura di sciupare l’immagine che si è costruita leggendo le poesia, le carte, le biografie. La casa e il giardino, che conosce e riesce a evocare al punto da sentirne i profumi, sono di carta.
E sulla carta Emily fissa la poesia del suo giardino. A poco a poco, l’inchiostro produce uno specchio della galassia fuori dalla finestra.
Fortier non ha reale interesse a fornire fatti e date sulla vita della poetessa: i fatti sono pochi, le date non contano. La sua biografia, fintanto che resta tale, è un ritratto delle emozioni e dell’essenza di una bambina e poi una donna che guardava sotto il guscio delle cose e chiamava per nome i suoi fiori.
La biografia poetica di Fortier procede attraverso quadri di eventi quotidiani descritti in pochi e brevi paragrafi. Ci si accorge di un cambiamento temporale, tematico o del soggetto perché una pagina bianca segnala il passaggio a un nuovo capitolo.
Le città di carta, però - e ho cercato di accennarlo-, non racconta soltanto la vita di Dickinson: Fortier ci ha messo dentro anche la sua e passa da una terza persona molto intima alla prima. È un gioco di specchi, di rimandi, ma anche di metanarrazione. Forse di queste pagine avrei fatto a meno, ma l’autrice è riuscita ad annodarle a quelle su Emily: hanno un ruolo più sottile, marginale e radicale.
Fortier racconta la sua ricerca di Emily, avvicina il proprio punto di vista, il proprio senso di appartenenza alle abitazioni a quello della poetessa. Sulla vita di Fortier, quindi, si reggono le città di carta del libro.
La scrittura è fortemente poetica ed evocativa, efficace tentativo di suggerire la definizione che Dickinson avrebbe dato della poesia, ma certamente non adatta a tutti. Forse vorrà leggerlo chi è curioso, chi ha come me letto molto presto le poesie di Dickinson e forse le dovrebbe rileggere, questa volta anche vederle e odorarle.
Nella nota finale Fortier indica le fonti da cui ha tratto ispirazione per il suo particolare ritratto. Aggiunge che alcuni episodi sono nati dalla sua immaginazione, ma in fondo, se si asseconda il senso della scrittura, non è primario distinguerli. Nondimeno, lo confesso, a poche pagine dall’inizio ho voluto procurarmi qualche libro su Emily Dickinson e sulla sua vita. Forse vi parlerò anche di quei libri.
In effetti, per completare la mia personale immagine di carta di Emily Dickinson ho bisogno di più, ma Fortier mi ha insegnato a sottrarre i giudizi dalle biografie altrui. L’autrice non ne esprime: racconta la sua Emily per quello che era, emozioni, carta e fili d’erba.
Questo libro mi ha suggerito l’idea di realizzare un mio erbario, una risposta forse dei neuroni specchio che si entusiasmano davanti all’unicità. Mi ha ispirato la voglia di disegnare conchiglie su un quaderno per impararne finalmente nomi e peculiarità. Mi ha lasciato il desiderio di un caleidoscopio e, per quanto strano possa sembrare, di fare dei miei occhi quel caleidoscopio.

Frequentare l’infinito non è privo di rischi.

Il mio voto

4 specchi e mezzo


Commenti