Recensione: “Akuaba” di Francesco Staffa

Akuaba è arrivato in un momento perfetto. A volte i libri hanno molto più istinto di noi: ho letto il comunicato stampa con cui D Editore annunciava la pubblicazione del romanzo, quando ancora le parole di Igiaba Scego echeggiavano dentro di me.
La sete di sapere di più su neocolonialismo e migrazione mi ha spinto verso la lettura e ringrazio la casa editrice per avermi consentito di soddisfare la mia curiosità.

Ogni donna Ashanti e dei popoli vicini prese ad indossare
una bambolina di legno simile
per propiziare fertilità e futuro benessere dei nascituri.
Questo talismano fu chiamato Akuaba, figlia o figlio di Akua.

copertina akuaba francesco staffa

Titolo: Akuaba
Autore: Francesco Staffa
Prima edizione: D Editore - 24 settembre 2020
Pagine: 240
Prezzo: cartaceo - € 15,90; ebook - €6,99
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Kofi è fuggito dall’Africa senza riuscire a dimenticare il suo passato: ci sono fantasmi che non lo hanno mai lasciato, che non ha saputo lasciare. C’è sempre l’ombra dell’irrisolto sulla felicità che gli regala la sua famiglia.
La serenità è una sensazione fugace anche per Ada e Guido: timorosi di perdere ciò che hanno di più prezioso, si ostinano in un silenzio egoista che non fa che alimentare le loro paure.
Trent’anni prima, a Lagos, il futuro di Amma e Adebisi viene spazzato dall’annuncio del ministro degli interni: gli stranieri irregolari devono lasciare la Nigeria. Ma dove andare? Come? La fuga non può che essere precipitosa, cieca oppure… oppure c’è una speranza? La mano tesa arriva inaspettata: c’è qualcuno che può aiutarli o forse può dividere per sempre le loro vite.
Nulla, anche se è un’immagine del passato, può essere rivelato prima del tempo e Staffa lo sa bene: riesce a tenere a bada i fantasmi che reclamano vendetta, tiene ordine tra i piani temporali, lasciando che a poco a poco si rivelino gli intrecci tra vita e dolore.
In Akuaba gli incontri non sono casuali, ogni contatto provoca una deviazione, influenza il percorso altrui e, direbbe Osun per voce della babalawa, compie il proprio destino.
Il romanzo inizia suscitando curiosità nel lettore: i segreti, per quanto riprovevoli e forse proprio per questo, sono un pungolo notevole nella lettura. La scrittura di Staffa è un gioco di equilibri che risulta avvincente: ci si dimentica che Akuaba è un romanzo di esordio, complice una solidità della narrazione dovuta all’ambientazione.
La scelta di una contestualizzazione storica reale dà al romanzo radici salde su cui svilupparsi e rivela una conoscenza certamente non superficiale degli eventi che portarono al tracollo finanziario della Nigeria negli anni Ottanta.
Staffa, però, non si limita al dato di cronaca lasciando un’informazione sterile all’uso del lettore: racconta l’aspetto umano, la disperazione e le conseguenze del fenomeno noto come «Ghana must Go». Akuaba è un romanzo di fantasia, ma non sono fantasia né le «baby factory», dove giovani donne vengono imprigionate e vendute come schiave sessuali, né la migrazione forzata dei Ghanesi dalla Nigeria, quando il loro lavoro smise di servire.
È interessante scoprire quali siano i riferimenti culturali e storici che reggono il romanzo di Staffa, un mystery famigliare con una forte connotazione legata agli studi antropologici dell’autore. A cominciare dall’origine del titolo c’è un universo da esplorare.
Akuaba è un romanzo duro, che non risparmia descrizioni e crudezza, ma anche molto umano. Una lettura intrigante, che può arricchire le conoscenze del lettore.

«La memoria è vita»

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