Recensione: “La bambina dimenticata dal tempo” di Siobhan Dowd

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Facciamo così. Aprite la vostra wishlist (o datemi fiducia e fate subito un ordine) e aggiungete i libri di Dowd: ne ho letti due soltanto e me ne sono innamorata. Se pensate che sia stata fortuna, che abbia trovato un romanzo e una favola particolarmente nelle mie corde, datemi tempo e vi parlerò anche degli altri titoli. La bambina dimenticata dal tempo, in effetti, riesce a combinare i miei gusti letterari e alcuni dei miei interessi in un romanzo che mi ha catturata completamente.

Avevano battuto il giorno sul tempo.

copertina bambina dimenticata tempo siobhan dowd

Titolo: La bambina dimenticata dal tempo
Titolo originale: Bog Child
Autore: Siobhan Dowd
Traduttore: Sante Bandirali
Prima edizione italiana: Uovonero - 15 novembre 2012
Prima edizione: David Fickling Books - 7 febbraio 2008
Pagine: 332
Prezzo: cartaceo - € 14,00
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Il sole non è ancora sorto, quando Fergus raggiunge con lo zio Tally la torbiera: il piano è riempire qualche sacco prima dell’arrivo degli operai. È un’attività apparentemente innocua ma non del tutto legale, perciò sarebbe meglio non farsi trovare lì.
Hanno quasi finito il lavoro, quando Fergus scorge una mano, un bracciale e poi il volto di una bambina, il cui cadavere è stato mummificato dalla palude.

Quando mi imbatto in un romanzo tanto bello e complesso da aver l’impressione di non poterne scrivere adeguatamente, adotto un trucchetto. Fingo di parlarne con le mie amiche e, di solito, le parole arrivano da sole.
In effetti, ero così entusiasta che, a fine lettura, ne ho davvero parlato alle mie amiche e adesso mi chiedo se dalla mia bocca siano uscite frasi di senso compiuto. Vabbè, ciò che conta è che Ang si è segnata il titolo al volo e a voi ho detto subito di farlo.
La bambina dimenticata dal tempo è un amalgama ben riuscito di elementi che meriterebbero un approfondimento tutto loro.
Uno dei punti di forza è, senza dubbio, l’ambientazione storica: Dowd ha disseminato il romanzo di riferimenti che permettono di individuare con precisione l’anno in cui hanno luogo gli eventi che vedono Fergus e la bambina della palude al centro della scena. Lo sciopero della fame intrapreso dai giovani repubblicani irlandesi nel carcere di Long Kesh, noto come The Maze, il labirinto, fu un braccio di ferro che portò alla revisione del sistema carcerario.
Dowd allude appena alle reprimende, alle violazioni del carcere, ma insiste sulla volontà dei militanti IRA di essere riconosciuti come prigionieri politici. Sono gli anni del governo della Lady di Ferro, anni di sconvolgimenti sanguinosi e Dowd li racconta insistendo sulla dimensione umana.
Fergus è vicino alla vicende perché, tra i prigionieri di Long Kesh, c’è suo fratello. La preoccupazione, il dolore della madre e l’orgoglio del padre per un figlio che ha saputo battersi per i propri ideali sono sentiti anche dal lettore.
L’autrice, però, non santifica i detenuti repubblicani e riesce a mettere in luce tutti gli aspetti della lotta armata. L’IRA è uno spettro che aleggia anche su Fergus, che minaccia i suoi progetti futuri: giusto e sbagliato, ideale e giustizia si mescolano al punto da non poter essere distinti. Dowd impedisce di guardare le vicende con il distacco che si è abituati ad assumere davanti a vicende lontane, per tempo o spazio, da noi.
Il ritrovamento e le successive indagini sulla bambina della palude, malgrado la serietà e l’importanza scientifica dovute, diventano quasi un divertissement per Fergus e il lettore. Al fascino della scoperta Dowd aggiunge brevi brani in cui la bambina racconta la sua vita.
Mel, questo il nome che Fergus decide di dare alla bambina e che in qualche modo lei stessa gli ha suggerito, è la co-protagonista: il suo ritrovamento avvia una storia nella storia che, per scelta narrativa, finisce con annullare presente e passato. Forse, tutto avviene nello stesso momento ed è già avvenuto e avverrà.
Accostando a Mel, su un altro piano spaziale e temporale, il britannico Owain, il romanzo affronta con naturalezza la diversità e, semplicemente, la annulla.
Dowd è riuscita a tenere stretti i fili della sua trama, a condurli verso la fine realizzando un intreccio davvero sorprendente, ma è stata la luce che filtrava tra gli alberi del bosco a conquistarmi. L’abilità descrittiva dell’autrice necessita di poche parole per creare un’immagine precisa e densa di dettagli persino acustici.
La bambina dimenticata dal tempo è un romanzo che ha poco di convenzionale, a mio avviso, ma è ben strutturato e notevolmente ben scritto. Affronta con misurata spensieratezza e rispettosa partecipazione emotiva questioni delicate, eventi storicamente dolorosi. Soprattutto suggerisce idee, rende attivo il ruolo del lettore: non sciorina dati, li descrive e li rende facilmente comprensibili (e partecipabili).

Il mio voto

5 specchi


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