Recensione: “Elena di Sparta” di Loreta Minutilli

Fin dal suo primo vagito Elena ha un solo destino: essere bella. La bellezza, un dono che attribuiscono alla sua natura divina, e gli ungenti per curarla sono tutto ciò che le viene concesso.
Elena è una bambina non ha motivo di preoccuparsi o di sentire una mancanza. Quando viene rapita e violentata da Teseo, però, il mondo le si fa incontro nella sua terribile e incomprensibile immensità.
Il suo corpo diventa, per la prima volta, fonte di dolore e risveglia in lei l’urgenza di capire, di raggiungere il potere che le permetta di determinarsi.
Ma Elena è ancora giovane: non ha ancora i mezzi per riconoscere la libertà, per comprendersi. Decide, però, di agire, di non essere inerme davanti all’inevitabile, di cogliere l’occasione.

conchiglia fiori bellezza

La storia di Elena è nota, ma i suoi confini sono sfumati. Secondo l’Iliade, la sposa di Menelao, che lei stessa ha scelto quale consorte in seguito a un patto stretto tra i sovrani greci, viene rapita da Paride, rampollo del regno di Troia. Su questo punto altre opere divergono ed Elena seguì spontaneamente Paride, dopo essersene invaghita. In entrambi la sua bellezza è il casus belli.
Eppure, Elena rimane un personaggio secondario, invisibile sullo sfondo di episodi più importanti. Persino Euripide e Stesicoro, che le hanno dedicato un’intera opera, la riducono a fantasma, immagine e simulacro.

Ero tutta corpo, esattamente come mi avevano voluta.

Titolo: Elena di Sparta
Autore: Loreta Minutilli
Prima edizione: Baldini + Castoldi - 28 febbraio 2019
Pagine: 189
Prezzo: cartaceo - € 17,00; ebook - € 9,99
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Minutilli le dona, infine, una voce e, soprattutto, la volontà di essere qualcosa di più di un corpo che, comunque, non disprezza. La mia impressione è, però, che anche nel suo romanzo Elena rimanga il corpo attraverso cui sviluppare un discorso che si moltiplica negli altri personaggi femminili.
Finalmente Elena racconta la sua storia, ma gli eventi sono per lo più quelli noti: mancano descrizioni ed episodi che la liberino definitivamente.
Nell’evidenziare un ritmo e uno stile narrativi poco uniformi si deve tener presente che Elena di Sparta è l’esordio letterario di Minutilli, la cui penna mi ha colpito comunque positivamente.
E positivo è anche il mio giudizio quando affermo che questo romanzo non è soltanto (o non è affatto) la storia di Elena. È piuttosto un discorso intorno al corpo delle donne e alla colpa ancestrale che al loro corpo è attribuita.
Elena è prigioniera della propria bellezza, una caratteristica che viene ritenuta più che sufficiente perché possa avere un valore. Un valore che per una principessa è un buon matrimonio e per Elena significa anche un peso politico che giustifichi una guerra.
Non sono libere le altre donne: non la sorella Clitemnestra, gioiosa di quella poca azione concessale prima di legarsi a un matrimonio infelice, e non le donne troiane, le quali possono uscire a piacimento dal palazzo reale e scegliere chi sposare.
Fino a che.
Ma non c’è bisogno di arrivare all’apice della tragedia per scorgere, attraverso gli occhi e i pensieri di Elena, i limiti delle possibilità concesse a una donna. Sebbene le condizioni femminili nell’Antica Grecia siano conosciute proprio per la subalternità all’uomo e una generale oggettificazione quale bene accessorio della casa, non mi sembra inverosimile che qualche donna fosse insofferente e aspirasse a maggiori libertà e riconoscimenti.
D’altra parte, è innegabile che il discorso sia animato da una certa attualità: il legame tra corpo femminile e diritti rimane tristemente attuale. Non è difficile constatare che molta strada resta da fare.
Il romanzo di Minutilli accenna a numerosi nodi attualissimi che, sviluppati ulteriormente, gli avrebbero consentito di raggiungere le proprie potenzialità.

Non riuscivo a essere attratta dal corpo di un’altra persona
al punto di volerlo toccare e stringere
e mi chiedevo se esistesse un mondo
in cui le mie sensazioni fossero normali e accettabili.

Elena di Sparta è, comunque, una lettura interessante, che può però trarre in inganno coloro che si aspettano di immergersi nella Grecia omerica. Chiarito che è proprio questo l’aspetto messo in secondo piano da Minutilli e scesi a patti con la mancanza di una suddivisione in capitoli, è un romanzo che mi ha coinvolto e che consiglio.

Il mio voto

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