Forse pecco di presunzione, ma sono convinta che non sia necessario leggere ogni pagina di questo libro. La mia Africa è una raccolta di memorie sparse e frammentate, che esauriscono il loro valore in qualche paragrafo descrittivo particolarmente intenso e poche riflessioni sul rapporto tra l’Africa, gli indigeni e l’uomo bianco europeo.
In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong.
Titolo: La mia Africa
Titolo originale: Den afrikanske farm
Autore: Karen Blixen
Traduttore: Lucia Drudi Demby
Prima edizione italiana: Feltrinelli - ottobre 1959
Prima edizione: 1937
Pagine: 298
Prezzo: Rilegato - € 4,90; flessibile - € 9,50; ebook - € 6,99
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Nel 1914 Karen aveva sposato il barone e cugino Blixen-Finecke, con il quale si era trasferita in Africa, presso Nairobi. Lì avevano acquistato una fattoria e una piantagione di caffè. Nelle pagine della Mia Africa Blixen racconta la sua esperienza dell’Africa, delle colline ai piedi del Ngong e la sua responsabilità, in quanto proprietaria della fattoria, verso tutte le persone, gli squatters e i toto, che lavoravano nella piantagione.
Mentre si sofferma su alcune figure, lasciandone trasparire l’importanza, a sorpresa il marito è il grande assente.In altri scritti, lettere o diari, forse Blixen rivela qualcosa di più del loro rapporto, ma in questo libro non è contemplato. Preferisce, forse, lasciare spazio a quelle persone che più la legavano alla sua terra.
Blixen trovò grande sostegno nel costante confronto con Farah, il servitore somalo, con cui era solita confidarsi, ma altrettanto forte fu il suo legame con Kamante, un bambino kikuyu.
La mia Africa si compone di frammenti di ricordi che, talvolta, sfuggono alla logica cronologica che apre e chiude la narrazione del libro. Spesso, infatti, un episodio riporta alla memoria un aneddoto o un’altra vicenda e l’autrice non esita a dar corso al racconto seguendo le spontanee associazioni.
Proprio la mancanza di una trama rende la lettura particolarmente impegnativa: ogni tanto ho avuto l’impressione che le storie riferite dall’autrice fossero un riempitivo e non avessero nessuna pertinenza con il libro.
La mia Africa fu pubblicato per la prima volta nel 1937, ma non è difficile immaginare che sia nato proprio nella fattoria di Nairobi, da quella macchina da scrivere che aveva affascinato Kamante. Mi è rimasta impressa proprio una sua osservazione: il libro di Blixen non era intero come l’Odissea perché rimaneva su fogli sparsi.
Lungi dall’essere una lettura realmente coinvolgente, ha il merito di trasmettere il genuino amore dell’autrice per l’Africa. Blixen riesce a dare concretezza persino al vento, all’aria che vibra sul terreno riscaldato. Seppure lo stile tenda a essere leggermente barocco, le descrizioni restituiscono l’immensità, i colori e l’essenza primigenia trasmessa da una terra che all’autrice appariva incontaminata e diversa dalla nativa Danimarca.
Lo sguardo di Blixen rivela un profondo rispetto per l’Africa e i suoi abitanti, dei quali ammira l’atteggiamento e lo spirito, arrivando spesso a essere partecipe di feste e usanze. La positività dei suoi sentimenti, tuttavia, non cancellano la prospettiva del colonizzatore bianco: giustificata dal periodo storico, Blixen agisce quasi sempre con un senso di superiorità, che talvolta le viene attribuito, e di supponenza.
L’aggettivo mia del titolo, dunque, non rivela soltanto la soggettività del racconto, ma anche un senso di possesso: era la sua fattoria, la sua terra, i suoi squatters, i suoi animali.
Leggere pagina dopo pagina ha forse sottratto bellezza ad alcuni paragrafi: La mia Africa manca di struttura e probabilmente andrebbe letto con molta più lentezza e casualità. È un libro amato da molti, soprattutto da chi ha visto il cielo dell’Africa, ma non lo consiglierei.
Il mio voto
2 specchi
Ce lo fecero leggere al liceo, e non ne ho un ricordo positivo. A posteriori, credo che sia stata proprio la mancanza di una struttura a colpirmi negativamente... è una lettura che ogni tanto penso di rifare, ma alla fine non mi convinco mai.
RispondiEliminaTra tanti libri da proporre a una classe La mia Africa mi sembra un po' noiosetto, anche per lo stile. Io non ti consiglierei di riprenderlo, per quanto possa capire che ci sia il desiderio di superare quella prima impressione. Ci sono brani molto belli, eh, ma tutto insieme...
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