Recensione: "La Splendente" di Cesare Sinatti

Recensione di La Splendente di Cesare Sinatti

Cesare Sinatti

Ifigenia fu la prima vittima di Ilio, la prima dei caduti.

copertina La Splendente Cesare Sinatti

Titolo: La Splendente
Autore: Cesare Sinatti
Prima edizione: Feltrinelli -25 gennaio 2018
Pagine: 238
Prezzo: cartaceo - € 16,50; ebook - € 9,99
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La Splendente, il romanzo di esordio di Cesare Sinatti, è generalmente presentato come riscrittura dell’Iliade o, nel tentativo di comprendere l’estensione della narrazione, come riscrittura del Ciclo Troiano. Mi permetto di allontanarmi da entrambe le descrizioni per quanto arrivino da voci ben più autorevoli della mia.
Certamente il riferimento all’epica è fondato e utile per orientare il lettore, ma risulta limitante dopo la lettura: non è solo la guerra di Troia, non sono solo i nostoi (nda i ritorni in patria degli eroi). La guerra è, in effetti, la climax a cui tende tutta la narrazione e allo stesso tempo è lo sfondo, la scusa per ritrovare gli eroi omerici, achei soprattutto, dando loro uno spazio e un respiro fortemente umano. Si potrebbe persino parlare di eroi sinattiani per la prospettiva che ci offre la nuova caratterizzazione.
Se i legami con i libri omerici sono molteplici, ricordati persino nella suddivisione in 24 capitoli, Sinatti rivendica un’autonomia che non è dettata solo dalla contaminazione con la mitologia extra-omerica ma anche dalla proposta di un arco cronologico indipendente da quelli circoscritti dai diversi cicli.
La Splendente abbraccia gli antefatti che portarono gli eroi achei a giurare e imbarcarsi per combattere una guerra lunga e aspra, lontana dalla propria terra e dagli affetti: il concepimento di Elena, la più bella dei mortali, la dannazione degli Atridi, l’unione di Peleo con la ninfa Teti e altri episodi mitologici sono intrecciati tra loro per ricongiungere ciascun destino sotto le bianche mura di Ilio.
C’era stato un tempo in cui era «più facile imbattersi in satiri e chimere, in ninfe e dee che si bagnavano alle fonti, quando la visione di un eroe esultante in groppa a un cavallo alato non era solo il sogno di una notte». Benché nel sangue di molti degli eroi achei vi sia anche quello di un dio, sembra che le divinità si siano ormai allontanate dall’umanità limitandosi a osservare con distacco le loro vicende, anche quando loro stessi ne sono stati la scintilla. Gli dèi non potevano mancare nel romanzo di Sinatti, ma la loro presenza è confinata all’ispirazione, alla vendetta e a fugaci incursioni.

E loro non erano che uomini, gli ultimi figli degli dei, rossi di sangue come neonati, bianchi nella luce delle stelle e nel pallore dell'angoscia per ciò che li attendeva.

Non più gli dèi: sono gli uomini, quasi fossero i primi, i protagonisti della Splendente. La loro è un’umanità restituita dallo scavo psicologico e dalla rivelazione di emozioni e contraddizioni che ne offre l’autore: luci e ombre scolpiscono l’animo tormentato di Agamennone e Clitemnestra, invulnerabilità e paura si mescolano con la sete di fama e gloria che spronano Achille.

Allora seppe che gli eterni giorni estivi e le fresche mattine trascorse a imparare la retorica e la musica, e lunghi pomeriggi dei duelli col suo amico finché durava il sole, seppe che tutto questo era finito. Che non avrebbe mai più avuto ciò che aveva avuto. E lo colse il più doloroso desiderio, il desiderio di qualcosa che non è distante nello spazio, e per quanto inafferrabile conserva la possibilità di essere raggiunto, ma nel tempo, e che per quanto prossimo, per quanto trascorso e passato anche da un solo istante, si è già fatto inafferrabile, eternamente lontano, per sempre perduto.

Se l’umanizzazione degli eroi più noti avvolge la narrazione di un’atmosfera realistica e a noi più vicina, ci sono almeno altri due aspetti che ho davvero apprezzato.
Da una parte l’inserimento di episodi dell’epopea minore come quello di Epipola che, ammetto, non conoscevo e che mi ha colpita al punto da spingermi a cercare ulteriori informazioni. Non è stato un caso isolato e, anzi, più volte avrei voluto avere tra le mani un’edizione con note e commenti per poter cogliere tutti i riferimenti. Chissà che in futuro non gli venga dedicato un saggio critico; a me non dispiacerebbe.
In ogni caso, seppure non sia stata in grado di ritracciare le citazioni e le tradizioni sottese alla narrazione, mi sono sembrati evidenti lo studio e la passione che hanno animato la scrittura della Splendente. Proprio la scelta stilistica e il registro espressivo rappresentano l’altra caratteristica che, durante la lettura, mi ha emozionata.
L’adozione della prosa non inficia la ricercata musicalità dei periodi che, pur abbandonando la ripetitività degli epiteti che caratterizzano i versi omerici, sembrano conservare traccia del ritmo metrico. Né, d’altra parte, la lettura inciampa per il lirismo che permea alcune descrizioni. E così, per esempio, Odisseo è «il genio di parole».

A Itaca ognuno trovava frammenti del paese natio. Ricordi sopiti si risvegliavano nella sagoma di un albero, nella forma di una roccia sul sentiero, nei piccoli templi rurali costruiti ai crocevia. Lo sguardo di una donna ricordava quello di una moglie lontana, la voce di un bambino quella di un figlio lasciato alla partenza, e che il ritorno si sarebbe ritrovato adulto.
Itaca non era sulle rotte maggiori, non era scalo di marinai e non comparivano nei loro racconti. Alcuni l’avevano descritta come un’isola montuosa, impervia, una terra di rocce aspre e promontori a strapiombo sul mare. Ma chi davvero l'avevo vista ricordava una terra gentile ai confini del mare, dalle dolci colline, rivolta verso il tramonto. Non c’erano grandi porti o città, non vi approdavano le ricche navi dei commercianti.
Solo chi si era perduto, qualche nave allontanata dalla via, la piccola barca di un pescatore audace o di un suo figlio curioso, la vedevano apparire all'orizzonte. Riportavano ricordi delle spiagge bianche, delle scogliere come piccole catene di monti tra le onde, dei sentieri sottili battuti dai pastori sui colli morbidi. Di quella terra semplice ricordavano il profumo, salmastro e agreste insieme, ricordavano una brezza che purifica il respiro.


La Splendente è un’attualizzazione avvincente, capace di suscitare interesse ed entusiasmo verso la mitologia, quei cicli di storie che il tempo ha in gran parte trasformato in polvere, ma che ancora custodiscono un’istanza nel presente.
Mentre mi chiedo se sia possibile un altro romanzo epico, magari dedicato al mio eroe preferito, sono convinta che l’esordio di Sinatti potrebbe essere consigliato anche nelle scuole. La Splendente è un romanzo che gli appassionati del genere, e non solo loro, dovrebbero leggere.

Nessuno poteva sospettare la paura di un uomo che non può essere ferito.

Il mio voto

4 specchi


Amaranth

Commenti

  1. A volte leggo la recensione di un libro e penso che lo voglio leggere. Poi ci sono i casi come questo, quando penso che il libro DEVO leggerlo *^*

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