Titolo: Il paese senza adulti
Titolo originale: Le pays sans adultes
Autore: Ondine Khayat
Traduttore: Paola Lanterna
Editore: Piemme
Prima edizione italiana: 12 ottobre 2010
Prima edizione: 5 novembre 2008 - A. Carrière
Pagine: 263
Prezzo: Brossura - € 16,90
Slimane ha undici anni, vive con Maxence, il fratello maggiore, la madre e un Demone. Un Demone che invece di fare il papà terrorizza la famiglia. Un Demone che non ha un lavoro, si ubriaca e picchia la mamma, mentre i due fratelli cercano di proteggerla invano da lui.
Slimane ha tante domande: perché gli adulti sono così? Perché la mamma vuole bene al Demone? Perché loro non hanno un vero papà? Ed è il fratello che risponde sempre a tutti i suoi dubbi.
Maxence ha solo due anni in più di Slimane, ma è molto sensibile e intelligente, e ha una voglia di sognare e imparare senza fine.
I due fratelli affrontano ogni giorno insieme, sognano di visitare luoghi esotici, di lasciare quella casa spaventosa e quel Demone che li odia tanto.
«Dove vorresti vivere, Maxence?»
«Nel Paese senza adulti.»
«Non ce ne saranno?»
«No. O meglio, solo quelli che hanno ancora l’anima da bambini.»
«Ma come si fa a riconoscerli?»
«È facile. Sono quelli che sanno ancora sognare. Sogni per aiutare chi soffre.»
«Ed è lontano, questo paese?»
«Credo di sì.»
«Quando l’avrai trovato mi porterai con te?»
«Sì.»
«Promesso?»
«Promesso.»
Ho camminato con il cuore più leggero, perché sapevo che un giorno sarei partito con Maxence per il Paese senza adulti.
Ondine Khayat è riuscita a trattare un argomento delicato attraverso lo sguardo di un bambino.È Slimane che ci racconta ogni cosa, che si fa domande e tira conclusioni nella maniera semplice, ingenua e diretta dei bambini. I pensieri di Slimane disarmano e coinvolgono, tanto che è facile riuscire provare empatia per il protagonista.
Tuttavia la violenza tra le mura domestiche non è il tema portante del romanzo, sebbene ne domini la prima parte. Ciò che lega ogni personaggio è la fragilità dell’animo e accomuna sia gli adulti che i bambini. Ognuno ha dovuto, o deve, affrontare le difficoltà incontrate nella vita e spesso ha superato il limite di sopportazione, raggiungendo il fondo.
E ciò che poi viene mostrata è la speranza di riuscire a rimettere insieme i frammenti della propria vita, di superare i momenti più bui e più difficili. Un messaggio forse scontato, ma affrontato con delicatezza e semplicità.
Questo romanzo è stato una stilettata al cuore a ogni pagina, ma allo stesso tempo non riuscivo a staccarmene. È riuscito a coinvolgermi completamente, a farmi indignare, arrabbiare e odiare, a farmi piangere, ma anche sorridere.
Ho amato Slimane e Maxence. Era inevitabile che mi toccassero il cuore: Slimane L’Innocente, con la sua curiosità e le sue infinite domande, e Maxence Il Mago, sensibile e perspicace, sempre pronto a rispondere ai quesiti del fratello. È chiaro che si prova indignazione nel leggere cosa devono affrontare ogni giorno, avendo la consapevolezza che non si tratta solo di un romanzo, ma è anche la realtà di tanti bambini.
Proprio per questo non ho potuto nemmeno evitare di detestare i genitori.
È quasi scontato nel caso del Demone; sono rimasta agghiacciata dal modo in cui trattava la famiglia e a un certo punto del romanzo l’ho proprio odiato. L’autrice dà anche una ragione al suo comportamento, che per quanto realistica, non mi ha fatto provare nemmeno per un attimo pena per quest’uomo.
E la madre, che per quanto vittima, non ha saputo proteggere i figli. Non ha voluto trovare la forza, completamente soggiogata e sottomessa al marito com’era, ed è questo che trovo grave nel suo caso.
Ci sono altri personaggi nel romanzo, con un ruolo più o meno importante, ma preferisco non parlarne per evitare spoiler.
Non so se sono riuscita a rendere quanto mi sia piaciuto e soprattutto non so se gli ho reso giustizia, ma credo sia chiaro che lo consiglio assolutamente.
La vita non è una cosa da bambini.
Vi lascio una canzone che secondo me si adatta in parte al romanzo: Caro babbo di Marco Masini.
Altre volte mi picchiavi
E le tue parole dure
Spalancavano soltanto una vita di paure
Eri assente e irrangiugibile
Io ti odiavo e te lo dico
Eri in sogno l’uomo nero
Eri a un tratto il mio nemico
E ho portato come un lutto
Il tuo sangue nelle vene
Il mio voto
4 specchi e mezzo
Angharad
Vorrei proprio leggerlo...Oltretutto ultimamente mi torna sempre davanti!!!
RispondiEliminaSe si ripresenta sempre, allora è destino: devi proprio leggerlo! ;)
EliminaNon conoscevo questo libro, ma ora credo che gli darò un'occasione. Complimenti per la recensione!!!! :)
RispondiEliminaGrazie! :D Sì, devi concedergli un'occasione, mi ha proprio conquistata. :)
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