Quando il libro diventa film: Jane Eyre #2

La proliferazione di adattamenti, forse, non prova il valore dell’opera di Charlotte Brontë e si interpreta facilmente come un tentativo reiterato di sfruttamento commerciale, ma testimonia una potenza ispiratrice la cui ultima esplicazione è stata la pellicola di Fukunaga e Buffini.

Il film del 2011 è stato il primo che ha permesso a Jane Eyre di prendere forma davanti ai miei occhi. E nonostante abbia notato da subito la fedeltà al romanzo, solo ora mi rendo conto di averlo davvero apprezzato.
L’unica libertà che Buffini si è concessa è una riorganizzazione narrativa che, attraverso un lungo flashback, si focalizza sull’incontro non marginale tra Jane e i Rivers. A questo proposito, credo che avrebbe potuto essere di giovamento rifarsi alla lezione della miniserie inglese che approfondisce notevolmente la figura di St.John, dando spazio anche a Rosemund Oliver.
Come in altre trasposizioni, ma forse con maggiore intensità, l’ambientazione è investito di un ruolo centrale consentendo alla scrittura di Brontë, ai rapporti tipicamente romantici tra le emozioni umane e la natura di trovare una viva rappresentazione.

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Mia Wasikowska (Jane Eyre) e Michael Fassbender (Rochester) - Fukunaga (2011)

Nel confronto con gli adattamenti di White e Zeffirelli mi accorgo che, probabilmente, il segreto della pellicola di Fukunaga è l’equilibrio. Non c’è eccessiva morbosità nella rappresentazione di Bertha, come invece accade nella miniserie inglese nel tentativo di indagarne la malattia, e né si calca la mano sui personaggi secondari.
Soprattutto la coppia Wasikowska e Fassbender giova di un’alchimia equiparabile a quella tra Wilson e Stephens (White, 2006), che invece manca a Gainsbourg e Hurt (Zeffirelli, 1996). È apprezzabile, inoltre, la misura con cui Wasikowska e Fassbender raccontano l’attrazione tra i loro personaggi: emerge in tutta la sua vitalità e passionalità senza sfociare nelle scene più sensuali (e fuori luogo) proposte dalla BBC.
Con Fassbender Rochester torna a muoversi all’interno della narrazione di Jane, cessando di essere un punto focale, per quanto fondamentale. E così Mia Wasikowska risplende.
La sua Jane ci ricorda che Rochester è il primo uomo con cui instaura un rapporto da pari, il primo di cui si innamora. È un’inesperienza che la rende fragile, ma anche luminosa davanti alle scene che sono dedicate allo sviluppo della sua relazione con Rochester.
In effetti, Buffini riesce a superare il grigiore di un sentimento ostacolato dalle differenze sociali, ripiegato nei limiti di una figura burbera, per consentirgli di fiorire. Allo stesso tempo, però, il film non si riduce a una storia d’amore incapace di rendere la complessità di un romanzo, in cui si segue un percorso di formazione e affermazione dell’individualità e dell’indipendenza di Jane.
Come nella versione di White, sono i gesti e le ombre che attraversano il viso di Jane a suggerire, più delle parole, i suoi dissidi interiori.
Nel film del 1944 non c’è traccia di maturazione in Jane, che piuttosto si identifica come angelica portatrice di luce e sollievo nelle sofferenze di Rochester. D’altra parte, dubito che ci sia qualcuno che si aspettava qualcosa di diverso ed è quasi imbarazzante se pensiamo al periodo in cui Brontë scrisse il romanzo.
Altrettanto limitata è la visione di Zeffirelli, parzialmente più fedele ma davvero insoddisfacente. Al di là degli adattamenti che evitano il vagabondaggio di Jane per la brughiera e l’approfondimento dei personaggi secondari, colpisce l’austerità che caratterizza l’intero film.

Jane eyre zeffirelli 1996
William Hurt (Rochester) e
 Charlotte Gainsbourg (Jane) -
Zeffirelli, 1996

La differenza di età tra Hurt e Gainsbourg e l’impostazione del primo, probabilmente, non fanno che sottolineare questa impressione.
Si deve ammettere che le carenze di Hurt danneggiano Gainsbourg, la cui bravura comunque non può fare molto per salvare l’opera nel suo complesso.
Privilegiando alcuni aspetti dell’aspra infanzia di Jane, Zeffirelli sacrifica lo sviluppo della relazione con Rochester. Il nobiluomo è quasi una comparsa, ai margini di una storia in cui non ha un ruolo secondario.
La subordinazione delle parti, però, non è funzionale a dare spazio al personaggio di Jane e sottrae intensità ai sentimenti seppure chiaramente espressi.
A Zeffirelli, tuttavia, bisogna riconoscere il merito di aver caratterizzato con tenerezza il rapporto tra Jane e Adele. Non nascondo di aver apprezzato la spontaneità con cui la bambina accoglie e abbraccia la sua istitutrice.

Jane Eyre zeffirelli 1996
Josephine Serre (Adele) e Charlotte Gainsbourgh (Jane) - Zeffirelli, 1996

Nel mio piccolo sono molto soddisfatta dall’adattamento del 2011 e della miniserie più recente della BBC, eppure credo che il futuro ci riserverà nuove Jane.

C’è un aspetto a cui vorreste che venisse prestata maggiore attenzione? Non so, per esempio, la voce di Rochester che attraversa la brughiera e richiama a sé Jane?

Dove vedere i film:
Jane Eyre, Fukunaga, 2011- RaiCinema e Prime Video
(in aggiornamento)

Acquistare i dvd dei film:
La porta proibita, Stevenson, 1943
Jane Eyre, Zeffirelli, 1996
Jane Eyre, White, BBC miniseries, 2006
Jane Eyre, Fukunaga, 2011

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